Volumetria di lesione litica dei mascellari e verosimiglianza di ipotesi di KCOT

Volumetria di lesione litica dei mascellari e verosimiglianza di ipotesi di KCOT

Il termine di cheratocisti odontogena è stato derubricato a tutti gli effetti dalle classificazioni delle cisti dei mascellari e inserito in quelle dei tumori odontogeni con il nome di tumore cheratocistico odontogeno (KCOT), oramai da diversi anni (classificazione OMS/WHO 2005). Oggi viene definito come tumore benigno intraosseo, uni o multicistico, a origine odontogena, caratterizzato da un rivestimento epiteliale squamoso stratificato paracheratinizzato e a potenziale tendenza infiltrativa, localmente aggressiva e recidivante. È in particolare a quest’ultima serie di caratteristiche che la ricollocazione a patologia neoplastica fa riferimento, in contrapposizione con l’espansività di tipo osmotico propria delle lesioni francamente cistiche. Il carattere recidivante della patologia suggerisce inoltre un attento monitoraggio postoperatorio del paziente.

Diagnosi di tumore cheratocistico odontogeno dei mascellari

Dal punto di vista dell’inquadramento diagnostico, a seguito di una prima ipotesi su base clinica e radiografica di I livello (panoramica dentale OPT) con evidenza di lesione osteolitica o comunque radiotrasparente di dimensioni rilevanti e aspetto suggestivo, è normalmente indicata l’esecuzione di un esame di imaging di secondo livello (tomografia computerizzata cone beam CBTC), anche in vista di un probabile approccio terapeutico di tipo chirurgico. La diagnosi definitiva della natura della lesione rimane di pertinenza anatomopatologica.

Tornando alla diagnostica tridimensionale, di recente Kauke e colleghi hanno effettuato una valutazione di tipo volumetrico di lesioni osteolitiche in un campione di 114 pazienti, confrontando con 27 soggetti già diagnosticati in via definitiva per KCOT con altri che riportavano – sempre previa conferma anatomopatologica – lesioni non neoplastiche appartenenti a una delle due tipologie più comuni, ovvero cisti dentigera (41) e periapicale (46).

L’indagine è stata svolta secondo un sistema di campionamento dell’immagine 3D denominato segmentazione, che il programma ha svolto in maniera semiautomatica. Tale procedura permette di definire diversi aspetti di una formazione anatomica o di una neoformazione patologica. In questo caso preciso si tratta di strutture cave, di ognuna delle quali è stata definito il volume. Il volume medio delle lesioni neoplastiche (KCOT) è risultato essere di 10381 ± 6410 mm3: il confronto con le lesioni cistiche, il cui volume medio era di 5813 ± 4425 mm3, ha confermato una differenza statisticamente significativa. Oltre a corroborare le motivazioni della transizione della cheratocisti a tumore cheratocistico, i risultati di questo studio portano secondo gli autori un notevole significato clinico. A fronte di diagnosi istopatologica incerta o ambigua, soprattutto in presenza di folte infiltrato infiammatorio, è indicato uno stretto follow-up in caso di lesione di volume pari ad almeno 3000 mm3, che potrebbe essere ragionevolmente compatibile con un tumore cheratocistico odontogeno.



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