Le prime ombre (cenni di storia della radiologia I)

Le prime ombre (cenni di storia della radiologia I)

La radiodiagnostica è elemento fondamentale in odontoiatria; come in altre specialità mediche. Il supporto dato da immagini che rappresentano fedelmente strutture anatomiche come i mascellari e i denti ha permesso di sviluppare la ricerca scientifica e la scoperta di nuove frontiere in ambito odontoiatrico.

Nello studio dentistico la continua ricerca di immagini dettagliate ha favorito la nascita dei sistemi chiamati cone beam (CBCT) apparecchi di radiologia dentale innovativi e collaudati clinicamente con software per la tomografia volumetrica digitale 3D.

Ma come si è arrivati sino a qui?

“Una meravigliosa scoperta nella fotografia” questo era il titolo del trafiletto ad una colonna del Corriere della Sera del 12-13 gennaio 1896.

Il primo paragrafo del testo recitava: “In questi giorni è stata annunciata una scoperta delle più sorprendenti fatta dal professore Roentzer (errata trascrizione del cognome Röntgen) dell’Università di Wurzburg sul Meno. Egli stava facendo delle esperienze fotografiche servendosi come fonte luminosa di un tubo di vetro nel quale era stato fatto precedentemente il vuoto e per mezzo di una corrente d’induzione aveva prodotto la luce detta di Crookes. Egli si accorse allora di un fatto meraviglioso, che cioè l’azione di questa sorgente luminosa poteva esercitarsi liberamente attraverso il legno, ma non attraverso ai metalli. Così egli poté fotografare alcuni oggetti di rame, che stavano in una cassetta di legno, perfettamente chiusa, della quale appaiono nella fotografia anche i chiodi, mentre non si vede nulla della parte lignea…”.

Wilhelm Conrad Röntgen: professore ordinario di fisica, 50 anni di età e 25 di carriera alle spalle. 

Nell’Istituto di Fisica all’Università di Würzburg, città bavarese sulle rive del fiume Meno, non c’era solo la cattedra di cui lui era titolare, ma anche l’abitazione di famiglia, condivisa con la moglie Bertha e la nipotina Josephina (figlia del fratello di lei), volentieri adottata quando ormai la coppia, avanti con l’età, aveva dovuto rinunciare alla prole naturale. Talmente comunicanti tra loro – casa e luogo di lavoro – che il professore facilmente si intratteneva di là, nella saletta di esperimenti, a dialogare con rocchetti di induzione, ampolle di vetro e tubi a vuoto, piuttosto che rilassarsi nel focolare domestico. Fino a quando una notte, quella dell’8 novembre 1895, nel silenzio e nel buio del piccolo laboratorio, un fatto sensazionale legittimò la sua inadempienza coniugale. 

Mentre conduceva ricerche sulla fisica delle scariche elettriche, utilizzando un cosiddetto tubo a gas residuo di Crookes (dal nome del fisico inglese William Crookes), vide scintille che generavano fluorescenza e un foglio di carta, sul quale era stata casualmente spalmata una soluzione al platinocianuro di bario, brillare di luce. Sbarrò gli occhi, cercò di intuire il fenomeno. Nella traiettoria tra la sorgente e lo schermo mise un rocchetto di legno con un cavo incorporato, e vide ritratto solo quest’ultimo; poi un peso chiuso in una scatoletta: idem come sopra. Provò con la propria mano: oh Dio, ma quelle sono le ossa!

Aveva scoperto degli agenti, diciamo pure dei raggi, in grado di attraversare tutti i corpi, ma in misura molto diversa tra loro, e quindi con la possibilità di vedere e riprodurre le varie ombre. Raggi che, per distinguerli dagli altri, e per non sapere subito quale nome attribuire loro, chiamò con una delle lettere dell’alfabeto che in matematica designano una incognita. Così erano nati i raggi X!

                                                                                                                                                       Continua

 

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