La concorrenza vista dal dentista, dal Presidente del Parlamento Europeo e da Fabio Rovazzi
Norberto Maccagno
Per i dentisti italiani la concorrenza è un problema molto sentito soprattutto tra gli over 65; ovvero chi ha vissuto il boom della professione degli anni ’80 patendo poi il declino cominciato alle fine degli anni ’90. Percepita, ma in maniera minore, anche dagli under 45 che probabilmente hanno imparato a conviverci.
Ad evidenziarlo l’allora coordinatore del Servizio Studi ANDI Roberto Callioni durante il workshop economico di Cernobbio 2018, illustrando i dati raccolti attraverso una indagine svolta su di un campione rappresentativo della professione.
Ma chi sono i concorrenti dei dentisti italiani?
Secondo i dati del Servizio Studi ANDI i dentisti con studio tradizionale. Il 79,8% ha indicato proprio nel collega con lo studio monoprofessionale quello che gli fa più concorrenza, meno gli studi associati e leggermente ancora meno gli studi con marchio indicati rispettivamente dal 41% e dal 40,2%. E non poteva essere diversamente guardando i numeri degli esercenti della professione: oltre 36 mila gli studi tradizionali e le partite iva, 5 mila studi associati, oltre 2 mila le società di capitale secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate riferiti al 2016 e di queste sono 800 studi legati a marchi.
Come più volte ampiamente sottolineato e detto, la concorrenza è sana se tutti i player, in questo caso gli studi odontoiatrici, giocano con le stesse regole. Poi certo il più organizzato, il più bravo, il più intraprendente, quello con i budget più alti avrà più possibilità. Le regole del calcio sono definite e chiare, certo tra il Frosinone e la Juventus qualche differenza di opportunità c’è.
Disuguaglianze nelle condizioni di concorrenza nel settore, che il presidente ANDI Carlo Ghirlanda nel suo editoriale su ANDI News, scrive “devono cessare”. E per farle cessare informa che “il primo atto eseguito come neo dirigenti nazionali ANDI è stato quello di richiedere a varie Autorità di riferimento e garanzia la valutazione della regolarità legislativa ed amministrativa delle condizioni esistenti nel nostro settore e ne attendiamo ora le risponde”. Non siamo ancora riusciti a sapere quali sono le Autorità coinvolte e le richieste avanzate, ma da ANDI ci assicurano che presto lo renderanno pubblico.
Sappiamo però come l’Antitrust vede la questione concorrenza, e sappiamo bene che quella visione è sostanzialmente la stessa anche per l’Europa. E’ di questi giorni la notizia che CED ed ANDI hanno incontrato il Presidente del Parlamento Europeo e, stando al comunicato stampa ufficiale, il tema della concorrenza è stato quello dominante.
Sul tavolo la questione del capitale nelle libere professioni, del rischio che il cambiamento “potrebbe portare a uno sbilanciamento pericoloso tra la gestione clinica ed economica, in favore di quest’ultima”, è stato ricordato nel comunicato stampa. Ma non solo, al presidente Tajani è stato fatto notare che il “rischio per il cittadino paziente deriva da una eccessiva presenza ed influenza da parte del capitale nelle professioni ed in particolare in odontoiatria”, dal fatto che “gli investitori finanziari influenzeranno le decisioni terapeutiche del dentista curante al fine di garantire un elevato ritorno sull’investimento”.
Non sappiamo come il presidente CED ed il presidente ANDI abbiano illustrato questa preoccupazione, come abbiano spiegato il tema della mercificazione della professione, e tanto meno sappiamo le reazioni e le dichiarazioni del presidente Tajani.
Ovviamente non si può sostenere che uno studio odontoiatrico di proprietà di un fondo d’investimento o di soci non odontoiatri “sia il male” perché il loro unico fine è ottenere profitto dagli investimenti fatti. Anche il dentista con il proprio studio lavora per guadagnare, non cura le persone gratuitamente. Così come non si può sostenere che le Catene sono il male perché tolgono denti curabili per mettere i più “redditizi” impianti. Perchè prima di dirlo bisogna provarlo e comunque la stessa “scelta commerciale” può farla un (disonesto) dentista tradizionale.
L’affermazione sintetizzata nel comunicato -“investitori finanziari influenzeranno le decisioni terapeutiche del dentista curante al fine di garantire un elevato ritorno sull’investimento”- fa molto presa sulla categoria ma come sarà stata motivata al presidente Tajani?
Certamente ricordando che stiamo parlando di una cura e non di vendere un bene. Poi, probabilmente, ricordando le differenze tra una professione regolamentata ed una azienda e la necessità di dare nel settore non solo le stesse regole ma soprattutto le stesse garanzie per il paziente. Sempre che si ritenga che le due figure possano coesistere nello stesso mercato.
E nelle libere professioni le garanzie, le tutele derivano dal rispetto della deontologia professionale, delle regole imposte dal Codice Deontologico, dal controllo svolto da parte dell’Ordine professionale.
Ma questo il presidente Tajani lo sa bene essendo laureato in giurisprudenza, essendo stato per anni iscritto all’Ordine dei giornalisti. Presidente del Parlamento Europeo che, quindi, non dovrebbe aver problemi a sostenere le richieste di ANDI e CED di mettere un freno all’ingresso del capitale negli studi odontoiatrici.
Di questo, però, non ne sono così convinto.
Il Presidente Tajani probabilmente sa (o se si informa gli verrà spiegato) che anche nell’ultima legge Concorrenza è stato ribadito che negli studi odontoiatrici organizzati come società di capitale gli unici che possono prendersi in carico del paziente, che possono curare le persone sono solo i dentisti laureati, abilitati e quindi iscritti all’Albo.
Quindi il controllo dell’Ordine ed il rispetto del Codice Deontologico dovrebbe essere garantito anche per gli studi di proprietà delle società di capitale. Ma la proprietà impone la terapia da fare al paziente, dicono molti di voi lettori.
L’avvocato Giungato in una intervista ad Odontoiatria33 ha spiegato chiaramente che il medico ed il direttore sanitario devono curare secondo scienza e coscienza, e se non lo fanno quali sono le responsabilità ed i rischi.
Quindi, dal mio punto di vista, ritorniamo alla questione posta molte volte: la questione della concorrenza e della necessità di regolamentare l’ingresso del capitale nella gestione degli studi (che deve esse risolta), non è per decidere chi può “guadagnare”, ma per dare le massime garanzie ai pazienti siccome stiamo parlando non della vendita o produzione di un bene ma di una cura. E la vicenda iDental ed i pazienti rimasti senza cure, ha dimostrato quale sia il rischio.
Fabio Rovazzi nella sua ultima hit dice che “l’onestà non ha budget” (anche se il contesto della canzone è altro), e credo che possa essere questa la migliore sintesi per spiegare l’etica professionale: potermi fidare che la cura che il dentista mi propone è quella che conviene alla mia salute e non all’economia del singolo dentista o dell’investitore.