Fattura elettronica tra tre mesi il debutto. Ecco come funziona.

Fattura elettronica tra tre mesi il debutto. Ecco come funziona.

“Non aspettate una eventuale proroga, il rischio è di non riuscire poi ad attivarsi in tempo se questa non arriva”. E’ questo il consiglio di Umberto Terzuolo dello studio Terzuolo & Brunero Associati, Consulenti Fiscali AIO, sul tema della fattura elettronica che dovrebbe entrare a regime dal primo gennaio 2019.

“Per adeguarsi ci vuole tempo e serenità per fare le valutazioni del caso con il proprio consulente ed il rischio di dover concentrare tutto in pochi giorni, nel caso la proroga non arrivi, sarebbe certamente controproducente”.

In realtà i segnali di possibili rinvii per alcuni o della possibilità di un doppio binario ci sono ma il consiglio del Consulente Fiscale AIO dovrebbe essere preso in considerazione anche perché la strada e segnata e primo o poi l’obbligo andrà a regime.

Allo stato attuale infatti più che sulla proroga si sta ragionando su eventuali desanzionamenti per i primi periodi, ma sull’introduzione dell’obbligo non ci dovrebbero essere rinvii, chiarisce il dott. Terzuolo.

 

La fatturazione elettronica o E-fattura

Per fattura elettronica si intende la fattura che sia stata emessa e ricevuta in formato elettronico in modo tale da rendere inalterabile il documento secondo specifiche tecniche e tecnologiche previste dalla normativa. La fattura per essere considerata elettronica deve essere in formato xml, dovrà essere inviata e ricevuta tramite un canale telematico specifico, il Sistema di Interscambio (SdI), detenuto, gestito e controllato dall’Amministrazione finanziaria, nel quale confluiranno tutti i flussi delle fatture elettroniche. Questo permetterà all’Amministrazione finanziaria di avere sempre sotto controllo, in tempo reale, la reciprocità delle fatture.

Nella pratica il professionista, utilizzando un software compatibile, invierà al sistema Sdl dell’Amministrazione finanziaria la fattura emessa al proprio paziente a cui però dovrà sempre darne copia. Il sistema la verifica (saranno una cinquantina i controlli effettuati) per poi essere recapitata in un’area riservata per il destinatario nei portali dell’Amministrazione.

“E questo processo – continua il dott. Terzuolo – obbligherà a procedure precise anche per annullare le fatture emesse o cambiare le fatture emesse e ricevute. Ogni modifica verrà tracciata dal sistema e quindi dall’Amministrazione fiscale”. Questo tipo di fattura è già in uso per chi fattura alla pubblica amministrazione (per esempio i dentisti che offrono consulenze per i tribunali o gli ordini professionali),  con la legge di Bilancio 2018, viene quindi esteso l’obbligo di fatturazione elettronica, a partire dal primo gennaio 2019, per tutti i soggetti titolari di partita IVA, indipendentemente dal fatto che fatturino ad altri soggetti con partita IVA (aziende e professionisti) o a soggetti privati (i pazienti, per intenderci).  Dentisti, igienisti dentali, odontotecnici, ma anche depositi dentali e tutti gli altri soggetti che operano nel settore dentale, dal primo gennaio 2019 non potranno più emettere fatture in modalità cartacea o in modalità informatica – per esempio la fattura creata attraverso un file Word, Excel o Pdf – ma dovranno utilizzare un software che rispetti i “complessi” requisiti della fatturazione elettronica di invio e conservazione previsti dalla normativa.

“Il motivo per cui è stato introdotto questo nuovo strumento – spiega il dott. Terzuolo – è per incrementare il gettito stimato, ossia incassare più imposte dai contribuenti non attraverso nuove tasse ma dal rispetto delle norme tributarie vigenti”. In realtà l’obiettivo primario, continua il Consulente Fiscale AIO, “è quello di ridurre la minimo l’evasione Iva ed effettuare una verifica costante ed immediata sul giro d’affari del contribuente”.

Ovviamente odontoiatri, igienisti dentali e laboratori odontotecnici, per quanto riguarda le finalità di recupero del gettito Iva, “non saranno pressoché interessati dalla manovra, in virtù dell’esenzione Iva, mentre lo saranno per le potenzialità di individuazione del tenore di vita connesso agli acquisti e per verificare i versamenti iva dei fornitori”, chiarisce Terzuolo. Tra i pochissimi esonerati dall’obbligo, i soggetti che hanno aderito al regime “forfetario” o a quello dei “minimi”.

 

Cosa serve per adeguarsi 

Ovviamente un software gestionale, se non se ne dispone si potrà utilizzare un software o un’App fornita dal proprio Commercialista o, “in via residuale”, dall’Agenzia delle Entrate. “Dico in via residuale –chiarisce il dott. Terzuolo- perché delegare tutti i propri servizi di emissione e conservazione delle fatture all’Agenzia delle Entrate, oltre ad essere inefficiente in termini di tempo e informazioni sui dati per chi ha un numero di fatture rilevante, porrà il contribuente in una condizione di assoluta inferiorità e sostanzialmente impossibilità di difesa dall’Amministrazione finanziaria cosa che, a nostro parere, andrebbe evitata proprio nell’interesse dei contribuenti, salvo situazioni estremamente residuali e molto semplici”. Altro consiglio del Consulente Fiscale AIO è quello di generare un proprio QR Code sul sito dell’Agenzia delle Entrate (è già possibile farlo) contenente tutti i dati anagrafici, numero di partita Iva e l’indirizzo telematico del contribuente in modo da rendere più facile per il fornitore acquisire automaticamente, grazie ad un apposito lettore, i propri dati identificativi.

Infine, il contribuente dovrà fornire il proprio indirizzo telematico che verrà registrato dall’Amministrazione finanziaria come “codice destinatario” di tutte le fatture elettroniche, oppure un proprio codice specifico gestito anche attraverso un intermediario (ad esempio la propria software-house o quella del Commercialista, se lo prevede). “Sconsiglio di indicare la PEC perché non tutte le caselle sono pronte in termini di spazio e spesso hanno problemi di ricezione o limitano il numero di invii o ricezione”, dice il dott. Terzuolo.

Sostanzialmente sono quattro i sistemi per inviare e ricevere le fatture elettroniche:

  • attraverso la posta elettronica certificata o tramite App gratuite più performanti;
  • attraverso servizi Web dell’Agenzia delle Entrate;
  • attraverso software compatibili con il sistema previsto dall’Agenzia delle Entrate;
  • attraverso un File Transfer Protocol (FTP), modalità che consentirà la trasmissione e la condivisione di file tra i vari computer.

Oltre al modo di creare e inviare la fattura si dovrà anche gestire l’archiviazione.

I documenti devono essere conservati per 6 anni secondo i termini fiscali ordinari e per 10 anni dal punto di vista civilistico. I documenti ovviamente dovranno essere integri, autentici, leggibili, immodificabili e dovranno essere facilmente reperibili in caso di controllo. Quindi sarà necessario dotarsi di un sistema di archiviazione elettronica che deve anche essere a prova di privacy.

 

Sanzioni 

Particolarmente pesanti le sanzioni. La fattura non emessa in formato elettronico si considera come non emessa del tutto ai fini fiscali: questo comporta che le sanzioni applicabili vadano dal 90% al 180% dell’imposta relativa all’imponibile non documentato. Se la violazione non incide sul corretto pagamento del tributo, ad esempio l’Iva (quindi per le fatture di prestazione sanitarie), si applica una sanzione in misura fissa da Euro 250 a 2.000 (con possibilità di sconto in caso di autodenuncia).  Oltre a quello di non aspettare l’ultimo momento “per metterci la testa”, il dott. Terzuolo consiglia di confrontarsi con il proprio commercialista per individuare la soluzione, anche tecnico – informatica, più adatta alla propria realtà.

“Certamente –conclude il dott. Terzuolo- la norma comporterà, soprattutto nella prima fase,degli investimenti in strumenti informatici e parecchie perdite di tempo, tuttavia, a regime si avrà un’efficienza e una rapidità nel recupero dei dati che potrà, come spesso capita con l’utilizzo delle nuove tecnologie, far risparmiare tempo e quindi denaro a tutti. Inoltre il sistema garantirà maggiore trasparenza e, secondo le promesse delle Entrate, minore possibilità di verifiche e controlli senza motivi specifici e mirati”.



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