Bombole d’ossigeno di proprietà. Ora che sono inutilizzabili, ecco le soluzioni per smaltirle

Bombole d’ossigeno di proprietà. Ora che sono inutilizzabili, ecco le soluzioni per smaltirle

Dal 1 febbraio “le confezioni di gas medicinali costituite dalle bombole e dai contenitori criogenici e dai relativi sistemi di chiusura (valvole di intercettazione o riduttrici), devono essere messe in commercio in condizioni tali da garantire la qualità del gas medicinale contenuto, nonché la sicurezza dei pazienti e degli operatori (personale addetto alla produzione e alla distribuzione, personale medico-infermieristico)”.

Così una nota dell’AIFA nel 2015 con la quale vietava la “ricarica” di bombole di proprietà dei sanitari odontoiatri compresi. Dopo alcune proroghe da domani è pienamente in vigore.

Un divieto, quello dalla ricarica di bombole di proprietà, resosi necessario, spiega l’AIFA “al fine di assicurare la qualità e la piena conformità del gas medicinale immesso sul mercato”, di conseguenza i produttori non possono più riempire bombole di proprietà di terzi su richiesta di questi ultimi, ma devono utilizzare esclusivamente bombole proprie o appartenenti al Titolare AIC, in accordo alle confezioni autorizzate al rilascio dell’AIC.

 

 

Ma i dentisti, delle bombole di proprietà che ci fanno ora?

La disposizione comporta che la scadenza dell’ossigeno terapeutico in bombola scenda da 5 a 2 anni a partire dal 31 gennaio 2018. E comporta che dal giorno dell’entrata in vigore, medici e dentisti non potranno avere più il possesso delle bombole scadute: dovranno subito conferirle allo smaltitore o al farmacista per lo smaltimento, e dovranno dotarsi di bombole nuove di proprietà del produttore. Le bombole non ancora scadute invece dovranno controllarle e disfarsene alla fine del 2° anno dalla consegna.

D’ora in poi le bombole – per la normativa Aifa – possono essere solo di proprietà dei produttori.

Solo loro possono riempirle e proporne la distribuzione. E per la stessa manutenzione o il cambio dell’ossigeno è meglio affidarsi a loro o a distributori autorizzati. Il medico o il dentista che praticassero advanced life support ad un paziente nell’eventualità – per fortuna rara – che a quest’ultimo necessiti rianimazione in emergenza, in caso di insuccesso terapeutico sarebbero perseguibili se si scoprisse che l’ossigeno utilizzato era scaduto.

La questione dell’accesso ai fornitori in questi mesi avrebbe dovuto essere risolta come auspicavano le associazioni degli odontoiatri e la stessa Federfarma che già a giugno 2017 chiedeva un tavolo per affrontare il nodo dei costi aggiuntivi fatturati dalle imprese alle farmacie. L’argomento è che l’ossigeno in quanto farmaco non può essere gravato da altre spese.

Ma una volta scaduto dove si conferisce?

La questione non è semplicissima, spiegano gli esperti. La strada più breve è quella di rivolgersi al produttore il cui nome è scritto sulla bombola; ma c’è un’alternativa altrettanto corretta che è conferire questo “farmaco” al farmacista, in quanto scaduto.

“Il problema però in questo secondo caso è: che ne fa il farmacista? Sa dove e come smaltire a sua volta? Accetta la bombola?”, ragiona un manager di un distributore del Nord Italia interpellato da Doctro33. “Alternativa utile, ad oggi fine gennaio, può essere concludere un accordo con un distributore che cura gli aspetti di manutenzione dell’ossigeno nel quadro di contratti su uno o più anni, e conferire la bombola a quest’ultimo alle condizioni determinate dall’accordo“.

Al momento dunque, la legge fa chiarezza sulle responsabilità dei singoli ma non su come alleggerire il carico degli adempimenti per i sanitari.

 



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